I Casali detti di Marcoandreola, nel contesto della villa di Marco Valerio Messalla Corvino a Ciampino (Foto Manlio Lilli)

 

 

di Manlio Lilli da Wilditaly.net

 

“Sette statue d’età augustea complete, ma anche una serie di frammenti che possono essere ricomposti: queste statue entreranno nei manuali di storia dell’arte classica”, affermò Elena Calandra, Soprintendente ai Beni archeologici del Lazio nel gennaio 2013. L’entusiasmo era più che giustificato. Ad essere dissepolto un repertorio statuario che illustrava il mito di Niobe e dei Niobidi, cantato anche da Ovidio.
Il contesto i resti della villa di Marco Valerio Messalla Corvino, vicino ad Ottaviano ma anche mecenate e amico di poeti. Ambienti termali con pavimenti a mosaico, oltre alla natatio, la piscina all’aperto con le pareti dipinte di azzurro.

La scoperta è avvenuta tra il giugno e il luglio dell’anno precedente nel corso della campagna di sondaggi preventivi su un’area interessata da un progetto di edilizia, a Ciampino, comune di cerniera tra Roma e i Colli Albani. Il ritrovamento all’interno di una proprietà privata corrispondente al Barco dei Colonna, sulla via dei Laghi all’interno dei cosiddetti Muri dei Francesi.

Da quel momento i 65mila metri cubi di nuove costruzioni della progettata zona ex 167 hanno cominciato ad essere messi in dubbio. Il vincolo indiretto posto sull’area nel novembre 2013 dalla Soprintendenza Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici del Lazio e l’inserimento del sito nel 2014 nel World Monuments Watch, cioè tra i 67 siti culturali a rischio distruzione, sembravano aver assicurato all’area archeologica un futuro meno incerto. Soprattutto grazie all’impegno strenuo di associazioni locali, a partire da “Movimento Ciampino Bene Comune”.

La convinzione quella che non si dovesse perdere l’occasione fornita dall’importante scoperta. Regalando a Ciampino, l’ex Città-giardino trasformata in una delle città con la più alta densità abitativa d’Italia, uno spazio di condivisione nel quale archeologia e ambiente potessero dialogare tra loro. Restituendo ad un centro urbano intensamente urbanizzato, un pezzo di Paesaggio.

Il Tar, chiamato a decidere sul ricorso di tre cooperative edilizie, recentemente ha sentenziato che il vincolo non era “rigorosamente motivato e sorretto da un’adeguata istruttoria”. Risultato? Le strutture antiche, che nonostante l’abbandono di questi due anni erano ancora riconoscibili sul posto, tra la via Appia Nuova e i filari di viti all’interno della proprietà, possono essere spazzate via. Quel posto spetta di diritto alle nuove palazzine progettate dal Comune nell’autunno 2010.

Per i giudici le ragioni sono di quanti vogliono urbanizzare anche questo spazio nel quale, tra viti ed olivi, sono i Casali detti di Marcoandreola, ed i resti della villa di Messalla. L’impressione di molti è che almeno questa volta a trionfare non sia stata la Giustizia. Accade in Italia.